La Traviata a Verona tra i dipinti degli Uffizi
Convince, pur nella sua semplicità, la Traviata nella nuova produzione targata Arena di Verona in collaborazione con il Museo degli Uffizi e la Regione Veneto.
Prosegue con La Traviata di G. Verdi la 98^ stagione lirica dell’Arena di Verona, quarto titolo in cartellone quest’anno.
Grazie alla tecnologia messa in campo da D-Wok il grande led wall sul palco proietta immagini provenienti dal Museo degli Uffizi di Firenze con alcune tra le grandi raffigurazioni pittoriche di donne dei più grandi pittori dal Rinascimento al XIX secolo. Sono proprio le effigie femminili a fare da cornice scenografica per questa Traviata firmata dalla stessa Fondazione Arena di Verona con il contributo della Regione Veneto.
La donna quindi protagonista come nell’opera in titolo è vista e rappresentata in modi diversi: elegiaca, nobile, sensuale, scarna, proprio come la protagonista Violetta che di lì a poco farà il suo ingresso sul palcoscenico alla fine del preludio iniziale.
Semplici ed essenziali le scenografie a completamento delle proiezioni: solo gli indispensabili tavoli e le sedie da interni e da esterni nel primo e secondo atto, così come il grande letto del terzo.
Il salone delle feste è ricavato attraverso le due grandi scalinate ai lati che circoscrivono così l’ambiente sontuoso in cui la protagonista viene accolta da Flora. Al centro del palcoscenico la grande pedana rotonda ruotando si trasformerà nel secondo atto nel giardino di casa di Violetta, sormontato sempre dal grande led wall che proietta immagini monocromatiche di una plumbea e nevosa Parigi.
Sul versante canoro l’ingresso di Violetta non è stato molto felice: si è subito notato che qualcosa non andava, infatti l’esecuzione per tutto il primo atto non è stato dei migliori per il soprano Irina Lungu. Si percepiva molta fatica nell’emissione vocale, fiati corti, e le parti di agilità sono state eseguite in maniera molto personale. Evidentemente le poche prove e la sostituzione all’ultimo minuto della collega prevista in cartellone hanno evidenziato alcune difficoltà anche tra buca e coro. Ma si riscatta nel secondo e terzo atto in cui, invece, sia vocalmente che scenicamente convince per le minuziose sfumature vocali e raffinatezze che hanno portato alla fine della rappresentazione un lungo applauso del pubblico.
Molto bene anche Giorgio Germont affidato all’inossidabile Luca Salsi: voce importante che si addice a questo personaggio, sempre pulita la sua emissione e chiarissima la sua dizione, esprime con facilità sia vocale che stilistica la figura del padre, severo e paterno allo stesso tempo. Bravo!
Eccelsa la prova di Francesco Meli nei panni di Alfredo. Il suo canto è libero, vibrante e seducente. È un perfetto Alfredo, squillante, brillante, espressivo e mai banale o impacciato. La sua esibizione da manuale scatena il pubblico che giustamente lo ha osannato ed acclamato tributando lunghi e scroscianti applausi.
Meno convincente la Flora di Victoria Pitts: rimanda ad un canto forzato e spinto ma scenicamente convince la sua presenza statuaria, così come altalenante è anche la Annina di Yao Bohui, che in alcuni momenti non arriva alle orecchie del pubblico.
Molto bene il resto del cast del comparto maschile. Bene il Barone Douphol di Nicolò Ceriani, il convincente Dottor Grenvil di Romano dal Zovo, il Gastone di Carlo Bosio, così come Natale De Carolis nei panni del Marchese d’Obigny, Max René Cosotti in Giuseppe, Stefano Rinaldi Miliani nei panni del Domestico e Commissario.
Alta professionalità per la direzione affidata al M° Francesco Ivan Ciampa che, a seguito di qualche scollamento tra palcoscenico e coro nel primo atto riprende in punta di bacchetta tutti, grazie alle indicazioni sempre precise e chiare che rivolge alla buca ed al coro (istruito da Vito Lombardi), quest’ultimo sempre posizionato di fianco sui gradoni. Ciampa non tralascia mai l’attenzione verso i cantanti che segue minuziosamente e costantemente. Musicalmente imprime all’orchestra le sue intenzioni sui tempi e fraseggi con un risultato eccellente affermando così il suo temperamento coadiuvato da un gesto elegante e non plateale.
Per merito delle comparse e del corpo di ballo, nel quale spicca la prima ballerina Eleana Andreoudi, un plauso alle zingarelle e ai matador, che tra colori, bei costumi e coreografia intelligente, hanno reso magnifico il momento più festoso dell’opera.
Salvatore Margarone
Photo©ENNEVI
La recensione si riferisce alla prima del 10 luglio 2021